Un Raggio di Speranza per l’Approvvigionamento Idrico

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Dopo un periodo di incertezza e preoccupazione, finalmente un segno positivo brilla sul fronte delle riserve idriche montane italiane.

Grazie alle abbondanti nevicate che hanno caratterizzato febbraio e marzo, il tanto discusso Snow Water Equivalent (SWE), misura dell’acqua contenuta nella neve, ha raggiunto un punto di svolta: per la prima volta in due anni, non solo ha annullato il deficit nazionale, ma ha registrato addirittura un leggero surplus del 1% rispetto alla mediana degli ultimi 12 anni.

Tuttavia, non tutto il territorio italiano gode di questa boccata di aria fresca. Le differenze tra le regioni alpine e appenniniche, così come tra le diverse altitudini, sono ancora marcate.

Mentre nel nord della penisola il deficit è stato colmato, specialmente alle quote più elevate con il Po che presenta valori particolarmente positivi, nel sud e al di sotto dei 2000 metri di altitudine la situazione rimane critica.

Secondo Francesco Avanzi, idrologo della Fondazione CIMA, la chiave di queste divergenze risiede nelle precipitazioni e nelle temperature.

Sebbene marzo abbia portato piogge più abbondanti sia al Nord che al Centro, gli Appennini hanno subito un aumento delle temperature che ha causato una fusione precoce della neve accumulata durante l’inverno. Questo ha contribuito al persistere del deficit nella regione.

Al contrario, le temperature nel nord Italia sono rimaste più in linea con gli anni precedenti, consentendo alle abbondanti precipitazioni di fine febbraio e marzo di accumulare neve come non si vedeva da tempo.

L’analisi dei bacini idrografici evidenzia chiaramente questa disparità: mentre il Tevere registra ancora un deficit del 80% rispetto al periodo storico, il Po ha triplicato la sua risorsa idrica novale da febbraio a oggi, registrando uno SWE positivo del 29%.

Secondo Avanzi, i recenti dati rilevati sulle Alpi rappresentano indubbiamente una boccata d’aria fresca, evitando così un terzo anno consecutivo di criticità. Tuttavia, la vera sfida risiede ora nel mantenere questa risorsa vitale nelle settimane a venire.

Questo evidenzia un punto cruciale: le temperature elevate possono ancora causare scioglimenti precoci, anche sulle alte cime delle Alpi. Perché la neve diventi un serbatoio prezioso per i mesi caldi, deve resistere come tale per un periodo prolungato.

In sostanza, sebbene ci siano ragioni per essere ottimisti per la situazione delle nevi montane e dell’approvvigionamento idrico, la disparità geografica rimane un punto critico da monitorare attentamente.

Fonte dati cimafoundation.org

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Autore del Post

Andrea Pardini

Amministratore Fondatore e Developer. Ragioniere, Perito Commerciale e Programmatore Informatico, con la passione per Meteorologia e la Scienza in generale. Attualmente Developer, Marketing e Social Media Manager presso una Concessionaria. Si occupa: del mantenimento della strumentazione e del portale web, stesura di articoli. Partecipa ai progetti: Archivio Eventi Meteo e Tornado in Italia.